I fondamenti giuridici del ricorso della SSC Napoli al Collegio di Garanzia del CONI

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I fondamenti giuridici del ricorso della SSC Napoli al Collegio di Garanzia del CONI

I fondamenti giuridici del ricorso della SSC Napoli al Collegio di Garanzia del CONI

Il 4 dicembre il CONI, sul proprio sito internet, ha pubblicato una nota (clicca qui per leggerla) nella quale ha sinteticamente illustrato le motivazioni formulate dalla SSC Napoli al Collegio di Garanzia, a sostegno della richiesta di annullamento della decisione della Corte Sportiva d’Appello Nazionale della FIGC, adottata con C.U. n. 14 del 10 novembre 2020.

Nella decisione dello scorso 10 novembre la Corte d’Appello aveva confermato la decisione del Giudice Sportivo della Lega di Serie A, Gerardo Mastandrea, di comminare la sconfitta a tavolino con punteggio di 0-3 a favore della Juventus F.C. della gara Juventus – Napoli, non giocata il 4 ottobre 2020, nonché la penalizzazione di 1 punto in classifica per la Stagione Sportiva 2020/2021 a carico del Napoli.

La decisione della Corte d’Appello Nazionale Federale

In particolare, tra le altre cose, la Corte aveva contestato la violazione a parte del Napoli del principio di “lealtà, probità e sano agonismo” prescritto dal CONI, chiarendo che la condotta adottata dalla società nei giorni antecedenti l’incontro con la Juventus (le continue richieste di chiarimenti alle Asl sulle conseguenze derivanti dall’isolamento fiduciario della prima squadra, nonostante la conoscenza del contenuto del Protocolli federali sul tema; la cancellazione del volo charter il giorno prima dell’incontro, ecc.), sia stata finalizzata a precostituirsi un “alibi” per non disputarlo.

Nell’articolo dello scorso 15 novembre (clicca qui per leggerlo) abbiamo cercato di ricostruire cronologicamente le tappe della vicenda, analizzando le motivazioni giuridiche esposte dagli organi di giustizia sportiva nei rispettivi provvedimenti di rigetto.

Perciò, in questo articolo, spiegheremo solamente le motivazioni giuridiche che il Napoli ha formulato a sostegno del proprio ricorso al Collegio di Garanzia del CONI, chiarendo il contenuto delle norme citate.

Il ricorso presentato dal Napoli

Nella nota del CONI si legge testualmente che la SSC Napoli ha chiesto al Collegio di Garanzia di annullare la decisione della Corte d’Appello Nazionale della FIGC e di ordinare direttamente alla Lega Nazionale Professionisti di Serie A e alla FIGC di far disputare la partita Juventus – Napoli, restituendo altresì il punto di penalizzazione comminato a quest’ultimo.

La richiesta di annullamento per causa di forza maggiore e/o factum principis

Le motivazioni giuridiche su cui dovrebbe fondarsi l’annullamento della decisione della Corte d’Appello, secondo il Napoli, sarebbe il riconoscimento, da parte del Collegio di Garanzia, della sussistenza della causa di forza maggiore ai sensi dell’art. 55 delle NOIF, o comunque del factum principis (il provvedimento di un’autorità), che avrebbero impedito alla società partenopea di disputare il match del 4 novembre scorso con la Juventus.

L’art. 55 delle NOIF (norme organizzative interne della FIGC) prevede che “le squadre che non si presentano in campo nel termine di cui all’art. 54, comma 2 (45 minuti dall’orario d’inizio del match), sono considerate rinunciatarie alla gara con le conseguenze previste dall’art. 53 – (dalla penalizzazione minima della sconfitta a tavolino per 0 a 3 e di un punto di penalizzazione, sino alla pena massima dell’espulsione dal campionato di Serie A in caso di reiterazione della violazione) – salvo che non dimostrino la sussistenza di una causa di forza maggiore.

Nel caso in esame, il Napoli ritiene di aver dimostrato l’esistenza della forza maggiore,  in particolare del factum principis, che avrebbe impedito alla prima squadra di partire per Torino e disputare l’incontro.

Secondo la difesa della società partenopea, infatti, le comunicazioni del 3 e 4 ottobre con cui la Asl di Napoli 2 Nord aveva disposto l’isolamento fiduciario per 14 giorni per i contatti stretti dei due calciatori della prima squadra risultati positivi al “Covid 19” (Zielinski ed Elmas) e la conseguente insussistenza dei presupposti per intraprendere il viaggio verso Torino, rappresenterebbe una decisione impeditiva della regolare disputa della gara con la Juventus, adottata da un’autorità locale competente a decidere sul tema.

Le domande che molti addetti del settore si sono posti sono:

  1. le Asl di Napoli erano competenti a decidere sulla sussistenza delle condizioni per far disputare l’incontro e sulla quarantena imposta al gruppo squadra del Napoli?
  2. Perché la Asl di Napoli 1 Centro ha negato la propria competenza, mentre la Asl di Napoli 2 Nord l’ha direttamente esercitata?

Per tentare di rispondere è necessario, come sempre, analizzare le norme esistenti.

Il Napoli considera legittima la decisione dell’Azienda Sanitaria Locale di impedire il viaggio a Torino, poiché tale competenza sarebbe stata conferita alla Asl dal Comunicato n°51 del 2 ottobre 2020, pubblicato dalla Lega Nazionale serie A  in seguito al Consiglio di Lega del giorno precedente (clicca qui per leggerla).

Il suddetto comunicato contiene regole ulteriori che integrano le norme stabilite dai protocolli della FIGC sugli allenamenti e sulle gare delle squadre di calcio professionistiche, della Serie A femminile e gli arbitri, in caso di positività al “Covid 19” di uno o più membri del team.

Al terzo capoverso, invero, viene espresso in un inciso che tali regole valgono “indipendentemente da quanto disposto da altre norme e/o regolamenti applicabili alla singola competizione e fatti salvi eventuali provvedimenti delle Autorità statali o locali, nonché della Federazione Italiana Giuoco Calcio”.

Il Napoli, dunque, sostiene che la comunicazione del 4 ottobre con cui la Asl di Napoli 2 Nord ha espresso il proprio parere negativo sulla sussistenza delle condizioni per disputare l’incontro e ha imposto l’isolamento fiduciario domiciliare per la prima squadra, vada considerata un provvedimento impeditivo emanato da un’autorità locale competente a decidere, che deroghi alle disposizioni previste dal protocollo della FIGC sugli allenamenti e sulle gare delle squadre di calcio professionistiche del 22 maggio 2020 (clicca qui per leggere il protocollo).

Bisogna anche chiarire, tuttavia, che l’inciso sopra citato fa riferimento, oltre che ai provvedimenti delle Asl locali, anche quelli della FIGC (“fatti salvi eventuali provvedimenti … della Federazione Italiana Giuoco Calcio”).

Proprio il Protocollo FIGC del 22 maggio 2020 (successivamente aggiornato al 30 ottobre), sopra richiamato, non fa alcun riferimento ad eventuali provvedimenti derogatori delle disposizioni ivi prescritte, emanati dalle Autorità nazionali e/o locali. Anzi, l’unico riferimento alle Autorità sanitarie è previsto in relazione alla mappatura dei contatti del soggetto positivo al “Covid 19”.

In particolare, il quinto paragrafo “Situazioni specifiche” (pag. 8) prescrive che:

qualora, durante il periodo di ripresa degli allenamenti di gruppo, ci sia un caso di accertata positività al COVID-19, si dovrà provvedere all’immediato isolamento del soggetto interessato. (omissis) Da quel momento, tutti gli altri componenti del GRUPPO Squadra verranno sottoposti ad isolamento fiduciario presso una struttura concordata; saranno sottoposti ad attenta valutazione clinica sotto il controllo continuo del Medico Sociale, saranno sottoposti ad esecuzione di Tampone (anche rapido) ogni 48h per 2 settimane, oltre ad esami sierologici da effettuarsi la prima volta all’accertata positività e da ripetersi dopo dieci giorni, o secondo periodicità o ulteriore indicazioni del CTS. Nessun componente del suddetto GRUPPO Squadra potrà avere contatti esterni, pur consentendo al gruppo isolato di proseguire gli allenamenti.

Le norme del protocollo FIGC sulla gestione dei casi di positività, dunque, sembrano abbastanza chiare. Ciò che non lo è, a parere di chi scrive, è la legittimità a derogare tali norme da parte delle ASL locali, nonostante il Comunicato n. 51 pubblicato il 2 ottobre scorso dalla Lega Nazionale Serie A sembri attribuire loro tale facoltà, senza chiarirne tuttavia le modalità e le fattispecie di intervento.

La risposta alla prima domanda, dunque, non può essere né positiva né negativa, in quanto non è chiaro se alle ASL locali spetti la facoltà di impedire la disputa di un incontro tra le squadre della Serie A.

Ciò che lascia perplessi, più che altro, è la palese contraddittorietà tra la disposizione prevista nel Comunicato n°51 della Lega Calcio (tali regole valgono “fatti salvi eventuali provvedimenti delle Autorità statali o locali”) e le norme di gestione dei casi di positività previste nel Protocollo emanato dalla FIGC.

Se lo scopo della Lega Calcio era quello di integrare tali norme con disposizioni ulteriori che fossero complementari ad esse e chiarissero le condotte da attuare in fattispecie ancora di dubbia interpretazione, hanno ottenuto l’effetto opposto, rischiando di compromettere un campionato, il cui svolgimento rischia costantemente di essere interrotto.

Queste considerazioni permettono di comprendere anche il motivo per cui la Asl di “Napoli 1 Centro” abbia escluso la propria responsabilità ad attuare il protocollo della FIGC, lasciando alla società tale compito.

Sicuramente anche la Asl di Napoli 2 Nord avrebbe potuto adottare la stessa condotta, evitando di seguire un protocollo obbligatorio per tutti i cittadini, ma derogato almeno in parte dal sistema calcio, che aveva pubblicato il proprio da alcuni mesi.

Considerazioni finali

Ciò che appare chiaro è che il Giudice sportivo prima e la Corte d’Appello Nazionale Federale poi, hanno rigettato la versione del Napoli, per un motivo molto semplice: la condotta adottata dalla società partenopea (continue richieste di chiarimenti alle Asl locali, disdetta del volo e dei tamponi, ecc) prima di ricevere la comunicazione da parte della Asl di Napoli 2 Nord è stata giudicata diretta a precostituirsi un alibi per non disputare la partita contro la Juventus.

Probabilmente, se il Napoli avesse ricevuto pareri negativi concordanti sulla disputa del match da parte di entrambe le Asl locali, senza attuare tutte quelle azioni sopra indicate, il giudice sportivo o la Corte d’Appello Federale avrebbero potuto considerarli facta principis impeditivi del regolare svolgimento dell’incontro.

La certezza non può trovare riscontro nelle supposizioni, ma quel che è certo è che tali lacune normative debbano essere colmante quanto prima dalla FIGC e/o dalla Lega della Serie A, al fine di evitare il verificarsi in futuro di casi simili a quello del Napoli.

Rimane solo da attendere la decisione del Collegio di Garanzia, il quale ha già precisato – nella nota apparsa sul sito del CONI lo scorso 13 novembre (clicca qui per leggerla) – che il procedimento si svolgerà “nei tempi e nei modi disciplinati dal Codice di Giustizia Sportiva del CONI e che, considerata la rilevanza, anche di principio, della questione, esso sarà devoluto dal Presidente del Collegio di Garanzia dello Sport al giudizio delle Sezioni Unite“. 

Bisogna solo aggiungere, ai fini prettamente giuridici, che il Collegio non potrà pronunciarsi sulla sussistenza della causa di forza maggiore su cui si fonda il ricorso del Napoli. Tale declaratoria, secondo l’art. 55, 2° comma, delle NOIF, compete solo al Giudice Sportivo in prima istanza e alla Corte Sportiva d’Appello in seconda e ultima istanza.

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