Come finanziare una start-up?

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Come finanziare una start-up?

Come finanziare una start-up?

Il problema principale di ogni imprenditore è quello di trovare i soggetti che credano nel progetto innovativo della start-up e decidano di finanziarlo. Vediamo quali sono le possibilità.

Fin dalla fase iniziale (cd. pre seed), ogni start-up deve affrontare innumerevoli costi, tra cui quelli per:

  • la costituzione e l’avviamento;
  • i permessi e le licenze;
  • il marketing e la pubblicità;
  • le pratiche legali e fiscali;
  • l’acquisto o la locazione dei locali, delle attrezzature e dei materiali;
  • il personale dipendente (stipendi, previdenza, assicurazione, ecc);
  • la consulenza di professionisti esperti;
  • lo sviluppo del/dei prodotto/i o del/dei servizio/i principali;
  • analisi di mercato e dei competitors.

Al fine di valutare la sostenibilità e fattibilità della propria strategia commerciale, la start-up deve indicare nel business plan– di cui abbiamo parlato approfonditamente in un precedente articolotutte le modalità con cui verranno finanziate tutte le spese suindicate.

Le modalità di finanziamento di una start-up

Ogni business strategy, infatti, necessita di risorse economiche adeguate e continuative per attuare il progetto nei tempi prefissati.

Tuttavia, il problema principale di ogni imprenditore è proprio trovare i soggetti che credano nel progetto innovativo della start-up e decidano di finanziarlo.

I prestiti di amici o parenti, generalmente, possono supportare le spese ordinarie nel breve periodo e i finanziamenti ricevuti da istituti di credito sono difficili da ottenere, nonché obiettivamente gravosi nel medio – periodo.

Quindi, qual è la soluzione migliore?

Nel precedente articolo “come avviare una start-up in Italia”, abbiamo accennato alle principali fonti di finanziamento (business angels”, “crowdfunding”, “venture capital”, incubatori e acceleratori, incentivi pubblici, ecc.) che, per caratteristiche, sono ideali per finanziare una start-up.

Analizziamole nel dettaglio.

I “Business Angels”

I business angels sono generalmente imprenditori o manager in attività o in pensione, con cospicue risorse finanziarie, che intendono contribuire allo sviluppo delle start-up, mettendo a disposizione le proprie risorse economiche, la propria rete di conoscenze, e un ottimo bagaglio di competenze acquisite nel tempo.

Grazie alla loro esperienza, normalmente sono in grado di valutare la bontà del progetto della start-up e la conseguente convenienza all’investimento, ma il nostro consiglio è quello di presentare un business plan accurato e realistico, così da invogliarli ad investire con convinzione nel vostro progetto e – magari – a creare una cordata con altri business angels.

A quanto ammonta l’investimento medio?

Nel nostro Paese i business angels investono da un minimo di 5.000 Euro ad un massimo di 200.000 Euro (raramente arrivano a 500.000 Euro), a fronte della cessione di una parte delle quote della start-up.

Va ricordato, inoltre,che lo Stato italianoincentiva l’investimento delle persone fisiche nel capitale delle start-up e PMI innovative, prevedendo un credito d’imposta del 50%, ai sensi dell’art. 38, commi 7 e 8 del Decreto Rilancio (D.L. 34/2020) (clicca qui per scoprire di più).

Come trovare un business angel per la vostra start-up?

In Italia vi sono molte associazioni che favoriscono l’incontro tra le start-up e i business angels, tra cui:

  1. Italian Business Angel Network (IBAN).
  2. Italian Angels for Growth.
  3. Il Club degli Investitori.
  4. Custodi di successo.
  5. Angel partner group.
  6. We are business angels (WABA).

I numeri

Secondo una ricerca condotta nel 2020 dal SIM (Social Innovation Monitor) del Politecnico di Torino, in Italia si contano 1014 Business Angel, di cui il 70% è localizzato nel Nord Italia.

Il 60% dei business angels investe prevalentemente nelle start-up italiane e, soprattutto, nei settori di “Digital Services & ICT”, “Biotech and Healthcare” e “Fintech & Big Data Tech”.

Infine, Venture Capital Monitor (VeM) ha stimato che nel 2020, nonostante la pandemia, siano state effettuate dai business angels circa 330 operazioni, per un ammontare complessivo pari a 640 milioni di Euro.

Il “crowdfunding

Il crowdfunding è una tipologia di finanziamento collettivo richiesto alla comunità (solitamente del web) tramite un’apposita piattaforma controllata dalla Consob, sulla quale la start-up espone il proprio il progetto e stabilisce un target (es.: 200.000 Europersupportare la progettazione e la produzione di un prototipo).

Il crowdfunding rappresenta un ottimo strumento non solo per ottenere il budget prefissato, ma anche per sondare il gradimento, da parte dei consumatori, del progetto societario e, in caso di successo, “validare” i prodotti/servizi offerti.

Il crowdfunding può assumere diverse forme:

  1. Donazione, mediante la quale i finanziatori (anzi, i donatori) donano la propria quota, senza ottenere indietro alcuna ricompensa, restituzione o partecipazione agli utili della società.

Questa modalità viene preferita soprattutto delle ONLUS per finanziare progetti sociali senza scopo di lucro, ma difficilmente dalle start-up.

  • Lending (prestito), attraverso il quale l’imprenditore ottiene un prestito direttamente da un privato iscritto alla piattaforma, che funge da intermediaria, fissando la data di restituzione del denaro, comprensiva di interessi.
    Anche questa modalità è utilizzata di rado dalle start-up, a causa della modesta entità delle somme che un privato è disposto a versare e dell’esistenza di un’alternativa più redditizia, rappresentata dai business angels e dai venture capitalist.
  • Reward: con la quale i finanziatori ricevono solitamente dalla start-up, come ricompensa del loro investimento, una prevendita o l’utilizzo in anteprima del prodotto/servizio; oppure – a volte – l’invito a collaborare attivamente per lo sviluppo del prodotto/servizio.
    Il crowdfunding reward based ha la doppia funzione di far ottenere alla start-up un finanziamento e, nel contempo, un riscontro di mercato da parte degli early adopters (i primi utilizzatori del prodotto/servizio), che valideranno (o meno) l’idea alla base del progetto.
  • Equity: tramite questa modalità – la preferita dalle start-up – il finanziatore, versando una determinata somma, riceve la corrispondente quota o azione (equity) della start-up, diventandone di diritto un socio di minoranza.
    In caso di successo della start-up, quindi, il neo socio avrà diritto a ricevere una parte degli utili conseguiti dalla stessa.

L’elenco speciale delle gestori delle piattaforme di crowdfunding è tenuto dalla Consob. Tra le principali, in Italia (soprattutto per l’equity crowdfunding) troviamo: MamaCrowd, Crowdfundme, 200crowd,  Opstart.

Il “Venture Capital

I Venture Capitalist (VC) sono investitori (società, fondi d’investimento, ecc.) che mettono a disposizione il proprio capitale di rischio (venture capital) per finanziare l’avvio o la crescita di start-up innovative o imprese che non abbiano accesso al mercato azionario, in cambio – generalmente – di una quota/azione rilevante dell’impresa o di una posizione di rilievo nel CdA.

Rispetto ai business angels, tendono ad investire nella start-up dopo che abbia superato la fase iniziale, entrando in gioco solitamente (ma non sempre) in seguito alla validazione del prodotto/servizio.

Perché affidarsi ad un Venture Capitalist?

Per la start-up, l’investimento da parte dei Venture Capitalist – e la loro presenza dei nel CdA – costituisce (potenzialmente) un importante propulsore per la crescita economica e commerciale.

I vantaggi per la start-up, infatti, sono notevoli: immissione di nuovi capitali; supporto in ambito manageriale, fiscale e gestionale; espansione del network; attrazione di nuovi investitori; pubblicità e sviluppo del brand, ecc.

Gli svantaggi, però, sono spesso proporzionati all’investimento: generalmente i Venture Capitalist ottengono un ruolo di rilievo nel CdA e questo determina, quasi sempre, la sottrazione del potere decisionale ai fondatori/manager della start-up e un deciso cambio di strategia da parte dei VC.

Per i Venture Capitalist, quindi, l’investimento è altamente rischioso – data la probabilità di fallimento delle start-up – ma l’eventuale successo ottenuto dalla società genera un ritorno economico eccezionale nel medio – lungo periodo.

Per questo un solido progetto innovativo, con notevoli probabilità di successo, invoglia i Venture Capitalist ad investire nel capitale della start-up e a supportarla nel processo di crescita.

Il Fondo Nazionale per l’Innovazione

Anche il Ministero dello Sviluppo Economico, stanziando 200 milioni di Euro in favore del Fondo Nazionale per l’Innovazione (FNI) – il fondo pubblico per il sostegno al Venture Capital – mira ad incentivare gli investimenti nel capitale delle start-up e delle PMI innovative, da parte di soggetti qualificati.

Ne abbiamo parlato in un precedente articolo (clicca qui per leggerlo).

Incubatori e programmi di accelerazione

Gli incubatori per le start-up innovative sono società che mettono a disposizione locali, attrezzature e le competenze dei propri professionisti per supportare la business strategy della start-up nella fase di avvio (incubazione) di quest’ultima.

Essi, dunque, hanno la funzione di coadiuvare e supportare le start-up innovative nel loro percorso di crescita, mettendo a loro disposizione sia infrastrutture, attrezzature e le competenze dei professionisti in organico, sia contatti con gli altri operatori del mercato e investitori (venture capitalist, business angels, ecc.).

Il loro apporto in favore delle start-up, dunque, non è strettamente finanziario – anzi, vengono pagati con una fee o con la formula del work for equity, oppure ottengono una quota della start-up, come corrispettivo per i servizi offerti – ma egualmente importante dal punto di vista economico e dell’espansione del network.

Nei precedenti articoli (“Incubatori delle start-up innovative. Come funzionano?” (Link) e “Gli incubatori certificati: i requisiti per iscriversi nel registro speciale”) li abbiamo analizzati approfonditamente.

Gli acceleratori, invece, pur avendo la stessa funzione degli incubatori, supportano le start-up che abbiano già definito il business model e validato il proprio prodotto/servizio, entrando in gioco, dunque, nella fase successiva a quella dell’avviamento (seed o second stage).

Incentivi

L’Unione Europea, lo Stato italiano e le Regioni riservano alle start-up innovative innumerevoli incentivi – sotto forma di finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto – per supportarle nella fase di avvio e nello sviluppo sostenibile del progetto di business.

Tra i più rilevanti ci sono sicuramente:

  1. Smart&Start Italia, che prevede un finanziamento a tasso zero, senza alcuna garanzia, a copertura dell’80% delle spese ammissibili comprese tra € 100.000 ed € 1,5 milioni, per l’acquisto di beni d’investimento, servizi, spese del personale e costi di funzionamento aziendale.
    Ne abbiamo parlato approfonditamente in un precedente articolo.
  2. Smart Money, con la quale il MISE destina contributi a fondo perduto per :
    • supportare le start-up innovative nel sostenimento delle spese connesse alla realizzazione di un piano di attività in collaborazione con gli attori dell’ecosistema dell’innovazione, operanti per lo sviluppo di imprese innovative.
    • Permettere l’ingresso degli attori dell’ecosistema dell’innovazione nel capitale di rischio delle start up innovative.
      Anche di tale misura ne abbiamo parlato in un precedente articolo” (clicca qui per leggerlo).
  3. Fondo Nazionale Innovazione – CDP Venture Capital, di cui abbiamo parlato sopra, nel paragrafo relativo ai Venture Capitalist, nonché in un precedente articolo (clicca qui per leggerlo).
  4. Digital Transformation, che finanzia progetti per importi fino a 100 milioni di Euro, sulla base di una percentuale nominale dei costi e delle spese ammissibili pari al 50%, di cui il 10% sotto forma di contributo e 40% come finanziamento agevolato.
    Lo abbiamo analizzato in un precedente articolo (clicca qui per leggerlo).
  5. I bandi per lo sviluppo della proprietà industriale (marchi, brevetti, disegni, ecc.):
    • Patent box: è un regime di tassazione agevolata che riguardai redditi d’impresa derivanti dall’utilizzo di software protetto da copyright, di brevetti industriali, di disegni e modelli, di cui abbiamo discusso nel precedente articolo “Patent box: destinatari e applicazione”.
    • Voucher 3I: le start-up innovative iscritte nell’apposito registro speciale possono finanziare i servizi di consulenza necessari per valorizzare e tutelare in Italia e all’estero i propri brevetti per invenzione industriale (ricerca di anteriorità, analisi requisiti di brevettabilità, redazione e deposito domanda di brevetto nazionale e internazionale).
      Ne abbiamo parlato in unprecedente articolo:  (clicca qui per leggerlo).
    • Bando “Brevetti +”: una misura prevista dal MISE – attualmente sospesa per esaurimento fondi – che prevede contributi a fondo perduto fino ad un massimo di 140.000 Euro, per acquistare i seguenti servizi specialistici diretti a valorizzare e sfruttare economicamente i brevetti sul mercato nazionale e/o internazionale:
      • l’industrializzazione e l’ingegnerizzazione del brevetto;
      • l’organizzazione e lo sviluppo;
      • il trasferimento tecnologico.
        Abbiamo analizzato tale misura in un precedente articolo:  (clicca qui per leggerlo).
    • Bando “Disegni +”: una misura prevista dal MISE – attualmente sospesa per esaurimento fondi – che consiste nell’erogazione di agevolazioni finalizzate all’acquisto di servizi specialistici esterni – entro la misura dell’80% e fino ad un massimo di € 75.000,00 – per incentivare:
      • (fase 1) la messa in produzione di nuovi prodotti correlati ad un disegno/modello registrato (importo massimo delle agevolazioni: € 65.000,00);
      • (fase 2) la commercializzazione di un disegno/modello registrato (importo massimo delle agevolazioni: € 10.000,00).
        Ne abbiamo parlato in unprecedente articolo:  (clicca qui per leggerlo).
    • Bando “Marchi +”: una misura prevista dal MISE – attualmente sospesa per esaurimento fondi – che prevede il rimborso di tutte le spese sostenute – entro la misura dell’80% (o 90% in caso di designazione c/o Usa e/o Cina) e un massimo di 20.000Euro – per le ricerche di anteriorità e il deposito del marchio Europeo o internazionale, per il rimborso delle tasse di deposito, nonché per le azioni a tutela del medesimo, effettuate un avvocato iscritto all’albo o di un consulente per la P.I.
      Abbiamo analizzato tale misura in unprecedente articolo:  (clicca qui per leggerlo).La nostra pagina “incentivi alle imprese” vi aggiorna con tutte le misure più rilevanti per le start-up innovative (clicca qui per aprirla)

L’importanza di un supporto legale e fiscale

Come scegliere tra tutte queste fonti di finanziamento?

Il nostro consiglio, soprattutto nelle prime fasi, è quello di affidarsi a professionisti seri, qualificati e con provata esperienza nell’attività di consulenza alle imprese, che vi guidino con sicurezza nella scelta delle modalità di finanziamento più sicure e redditizie per la vostra strategia commerciale.

Il nostro Studio, grazie alla competenza e all’esperienza in tema di consulenza e assistenza alle start-up, sia in ambito legale che commerciale e societario:

  • fornisce a tutti gli imprenditori interessati ad avviare la propria start-up o a definire una business strategy ottimale, una consulenza e un’assistenza specifica nelle pratiche burocratiche e commerciali;
  • assiste i propri clienti nella fase di analisi del mercato, nella predisposizione del business plan e nella ricerca delle risorse economiche necessarie per finanziare la start-up;
  • affianca la società in ogni fase dello sviluppo, consigliando le migliori strategie commerciali e legali da attuare.

Contattateci immediatamente ai numeri 0683521985 o 3711453121, oppure scriveteci all’indirizzo info@studiolegalecoscia.it per una consulenza specifica.

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